Nella sua prima mostra personale in una galleria italiana, Davide Balliano presenta una serie di nuovi dipinti su legno e sculture in ceramica.
Dopo aver esposto in diverse mostre personali a New York, Berlino, Parigi ed ultimamente Londra, Balliano sembra consolidare la sua organicità stilistica approdando ad una nuova maturità formale.
Se in precedenza il rapporto con la storia, l’ambivalente trasparenza del vetro, ed i nudi richiami architettonici costituivano il corpo centrale della sua produzione, oggi possiamo osservare un’ulteriore consolidamento nella ricerca dell'artista che, partita dalla fotografia, si e’ formata attraverso interventi pittorici su pagine di libro, performance ed installazioni.
Una ricerca fondata sull’utilizzo di diversi media, al fine di una costruzione minimale e organica, venata da suggestioni trascendentali e dal dialogo con un vuoto che prende forma di intuìto soggetto metafisico.
Il rapporto quasi poetico con l’architettura, che nelle rovine trova una nuova identità monumentale, ormai libera dall’originale funzione, l’uso della geometria come strumento di traslazione, e i riferimenti romanici, danno un sapore quasi scultoreo anche alla ricerca pittorica di Balliano.
Gesso, smalto e stucco costruiscono il lavoro come se fosse stato posato a muro, e la superficie dei dipinti, profondamente piatta, sembra elevarsi dalle pareti solo tramite il supporto in legno che ne contraddistingue l'elegante struttura. Attraverso la stratificata copertura di forme geometriche, spesso nate dalla scomposizione di forme archetipo come il cerchio e l’arco, Balliano tende alla ricerca del perfetto equilibrio tra assenza e presenza, tra vuoto e invisibilmente pieno, ed in tal senso propone la trasformazione dello spazio della galleria convertendo il pavimento in bianco come segno di neutralità ed assenza.
In egual modo le sculture in ceramica si nutrono della tensione generata dall’incontro tra l’illusoria solidità della forma con la fragilità del materiale. Contrasto che torna nel dialogo con la fisicità degli oggetti, che sembrano voler essere contenitori di un vuoto, rifugi di una silenziosa presenza, pietre angolari di un'architettura interrogativamente votiva.
Un’icona che cerca identità nel dialogo tra l’uomo e l’universo che lo circonda.
English version
In his first solo exhibition in an Italian gallery, Davide Balliano presents a series of new paintings on wood and ceramic sculptures.
With several solo exhibitions in New York, Berlin, Paris and recently London, Balliano seems to consolidate its organic style approaching a new formal maturity.
If previously the relationship with history, the ambivalent transparency of the glass, and the bare architectural references constituted the main body of his work, today we can see a further consolidation in the research of the artist which, started from photography, formed itself through painterly intervention on book pages, performances and installations.
A research based on the use of different media aimed to achieve a minimal and organic composition, veined by transcendental suggestions and by the dialogue with a void that takes the form of intuited metaphysical subject.
The almost poetic relationship with architecture, which in ruins finds a new monumental identity free from the original function, the use of geometry as a tool for translation, and the Romanic references, give to Balliano’s painting an almost sculptural scent.
Plaster, gesso and lacquer builds the work as if it had been placed on a wall, and the surface of the paintings, profoundly flat, seems to rise from it only by the wooden support that distinguishes their elegant structure. Through a stratified coverage of geometric shapes, often born from the decomposition of archetypal forms as the circle and arc, Balliano’s searches for the perfect balance between absence and presence, between empty and full invisibly, and in this way he changes the gallery space transforming the floor in white as a sign of absence or nothing that gives a sense of floating to the objects in the exhibition.
In the same way the ceramic sculptures feed from the tension of the encounter between the illusory solidity of the shape with the fragility of the material. Contrast that comes back in the dialogue with the physicality of objects, which seem to be containers of an emptiness, shelters for a silent presence, the cornerstones of an architecture questioningly votive.
An icon that seeks identity in the dialogue between man and the universe around him.