Luce Gallery è lieta di ospitare la seconda mostra personale dell'artista americano Robert Davis il quale presenta dipinti, pannelli di bronzo e sculture, l'ultima produzione dell'artista in un'inedita nuove serie di lavori. Il titolo della mostra esprime un'esperienza lungamente condivisa da Robert Davis nel gioco sulla possibilità di incontrare un oceanico dissolvimento di sé stesso piuttosto che della realtà incerta ed alienata della vita di ogni giorno. Nei componenti principali della mostra Davis fa un uso del colore RYB per consumare la vista dello spettatore davanti ad una serie di dipinti di grandi dimensioni, composti dalla sfumatura di colori primari. Usa una tecnica innovativa, e per trovare sfumature molto dettagliate immerge orizzontalmente le tele nell'acqua aggiungendo e distribuendo colore fino a trovare l'equilibrio desiderato. Sostanzialmente menzionando RYB l'artista si riferisce al modello storico che anticipa la teoria scientifica sul colore e la sua dominanza nelle immagini contemporanee ed i modelli di stampa tecnologici. I dipinti e determinanti colori attrattivi creano una scena di collettivo attaccamento ipnotico e di assoribimento dell'oggetto in un crescente mondo di presenza di griglie pixellate e di binari di codificazione. L'installazione di Davis visualizza il tentativo di sostenere la fantasia della continuità e della pienezza (in altre parole l'amore). Nell'evocazione di questa fantasia, Davis si riferisce alla nostra implacabile lotta per controllare il dispiacere (o la noia o l'ordinario di ogni giorno), violenza ed intellegibilità che spesso caratterizzano il nostro desiderio di appartenenza ed intimità. L'artista ci fa conoscere il suo gesto attraverso la teorie del colore, modernismo e l'impiego di oggetti di base elementarmente naturali. Come l'imperfetta memoria infantile nella soggezione, il lavoro dell'artista suggerisce che le soluzioni moderniste sono temporanee, precarie ed incomplete. L'installazione nella scultura centrale è una figura malinconica, una rappresentazione della coesistenza dell'ottimismo e del fallimento che anima questi tentativi di condividere esperienze sociali - senza paura tuttavia - ma in modo consapevole, proponendo una romantica oscillazione tra il successo ed il fallimento, la funzione e la disfunzione, una soluzione personale insomma.
English version
Luce Gallery is pleased to announce Robert Davis’s second solo exhibition at the gallery. Including paintings, bronze panels, and sculpture, the artist’s newest body of work, “Anything to Feel Weightless Again,” expresses a shared longing for embodied experience. The work and the title play with the possibility of encountering an oceanic dissolving of the self rather than the uncertain and alienated reality of daily life. In the most immersive component of the exhibition, Davis uses a RYB palette for a series of large paintings that consume the viewer in fields of primary colors. Uses an original technique to find perfect shades immerses in an horizontal position canvases in water, adding dye color and finding the right balance. Significantly, RYB is a historical model that predates scientific color theory and the dominance of RGB and CMYK in contemporary screen and printing technologies. The paintings’ hypnotic colors create a mesmerizing scene of collective attachment, of absorbing and enchanted relationships to objects in an increasingly pixelated world of grids and binary code. Davis’s installation visualizes a sustaining fantasy of fulfillment and continuity. (In other words, love.) Invoking this fantasy, Davis points at our relentless struggle to manage the disappointment, violence and unintelligibility that often characterize our desire for belonging and intimacy. Davis makes knowing gestures toward color theory, modernist geometries and designed objects, but his use of base bodily materials (urine on bronze panels, for example) emphasizes the inevitable material flaws in these historical styles. Like a child’s imperfect memory of awe, Davis’s work in “Anything to Feel” suggests that modernist resolutions are temporary, precarious, and incomplete. The installation’s central sculpture is a melancholic figure, a representation of the coexisting optimism and failure that animate these attempts for a shared social experience. Yet Davis’ work does not shy away from the pleasure to be had in these provisional solutions: he proposes a romantic oscillation between success and failure, function and dysfunction, as a kind of solution itself.